Messina, come occultare il “cadavere” ???
Il destino della società giallorossa appare segnato, ma c’è il dubbio che qualcuno voglia tenerla in vita solo per scongiurare il rischio fallimento, come avvenuto ai tempi dei Franza.
Che il Messina sia “clinicamente morto”, ormai, non c’è più alcun dubbio. Oltre un mese dopo la fine del campionato, le uniche notizie arrivate dal fronte societario hanno riguardato istanze di fallimento, punti di penalizzazione, fantomatiche cordate dissoltesi nel nulla. A oggi, poi, l’Acr non ha più neanche uno stadio a disposizione, visto il crollo del muro arginale del San Filippo e le condizioni in cui gli inviati della Lega nazionale dilettanti hanno trovato gli spogliatoi, durante una recente ispezione. Lo scandalo del calcioscommesse, infine, potrebbe allontanare ulteriormente la già molto remota ipotesi di ripescaggio, visto che il governo del calcio ha già fatto sapere di volere accelerare la riforma dei campionati di Prima e Seconda Divisione, proprio per limitare situazioni imbarazzanti come quelle che stanno venendo a galla in questi giorni, con l’inchiesta di Cremona. Al pari di quando si assiste all’agonia di un proprio caro e si attende il decesso in uno stato d’animo combattuto tra dolore e liberazione, l’idea che si possa “staccare la spina” all’Acr sta divenendo una consapevolezza pure tra i tifosi più incalliti. Purtroppo, però, la sofferenza non sembra destinata a cessare in fretta. Una condanna da girone infernale, alla quale siamo sottoposti ormai da tre anni. Il problema sta tutto nell’“occultamento del cadavere”. Lo avevano intuito già i Franza i quali, scelta la rinuncia alla B, piuttosto che farsi da parte avevano ottenuto l’iscrizione alla D, nella convinzione di potere evitare il fallimento. Qualche mese dopo, era stato il Tribunale a decidere di mantenere in vita lo spettro di quello che fu un impero calcistico: la vendita all’asta del ramo sportivo d’azienda, infatti, ha permesso ai giudici di portare avanti il procedimento a carico degli stessi Franza, contrariamente a quanto sarebbe avvenuto in caso di cessazione dell’attività. Poi era stata la volta del duo Di Mascio-Chierichella, i quali seguendo un copione già visto in altre piazze (Caserta), avevano scongiurato il fallimento con una cessione in extremis. Adesso è il turno di Martorano, il quale non paga, ma non chiude. La messa in liquidazione di una società, infatti, potrebbe essere assai imbarazzante per chi opera nel ramo delle pubbliche amministrazioni, pur se le responsabilità di carattere giuridico andrebbero comunque divise con le precedenti gestioni. E allora? Meglio provare fino all’ultimo a ritoccare l’imbalsamazione, così da limitare i danni. Del progetto sportivo, tanto, è sempre importato ben poco a chi ha avuto in mano i destini della società. E, forse, anche ai tifosi più irriducibili (gli unici rimasti al capezzale), i quali sarebbero pronti a sopportare un altro anno di umiliazioni, pur di salvare maglia e matricola. Senza accorgersi di come, in questi anni, si siano sprecate occasioni clamorose. Il più volte corteggiato Nicola Salerno, ad esempio, si giocherà la finale per la B con una Salernitana imbottita di ex (da Caglioni a D’Alterio, da Altobello ad Accursi), che in riva allo Stretto sarebbero tornati senza farsi pregare più di tanto. Accanto a lui continua a lavorare Ciccio La Rosa, il quale dopo il primo anno di dilettantismo era disponibilissimo a una riconferma. Nello stesso girone, Sasà Avallone - ds con Di Mascio - ha portato il Sorrento a un passo dalla promozione. Mentre qui continuiamo a dibattere su cordate e piani di ammortamento debiti, insomma, altrove si parla di calcio e si riparte. Anche in condizioni economiche non propriamente floride (proprio a Salerno, il salto in B potrebbe sanare una situazione disperata). Più che di matricole, sigle e colori sociali, allora, sembra giunto il momento di pensare a un progetto in grado di rappresentare dignitosamente questa città. Un progetto – per intenderci – che allo stato non è neppure quello del Città di Messina. Dove è stato messo alla porta Benedetto Bottari (il quale, approdato a Piraino, è vicinissimo al salto in D già compiuto un anno prima con il Milazzo); dove Bonina ha scelto un ingresso in società soft, invece di vestire i panni del condottiero; dove qualche spettro del recente passato non ha perso il vizio di giocare a fare il direttore sportivo; dove Cannistrà vorrebbe vestire i panni di Emanuele Aliotta, ma scopre di non essere l’unico a nutrire tale aspirazione. È vero, dunque, che la nottata dovrà pur passare, ma se si continuano a tenere le serrande abbassate, l’alba non arriverà mai.
normanno.com
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