Martorano rimane barricato dietro le sue promesse, ma questa volta rischia di rimanere spiazzato dal voltafaccia dei tifosi.
Tutto come previsto, purtroppo. Da tre settimane, attorno ai destini del Messina solo fumo e niente arrosto. Il presidente Martorano rimane barricato dietro alle promesse (debiti da pagare, vertenze da salvare, società da rafforzare, ecc.), ma dal punto di vista sostanziale rinuncia a qualsiasi segnale concreto. Una proposta d’acquisto l’aveva ricevuta, ma ha preferito declinare. Il gioco vuole condurlo lui, anche se fino a oggi tutte le mosse in tal senso si sono rivelate infruttuose: l’apertura al Città di Messina, prima e le avance verso Bonina, dopo, non hanno sortito alcun effetto. Tra l’altro, ogni giorno che passa non solo diminuisce la credibilità del presidente, ma soprattutto – ciò che più preme ai tifosi – si svaluta ulteriormente la società. Tre esempi lampanti: l’accordo con i creditori, che avrebbe ridotto notevolmente le passività, non è stato sottoscritto al momento opportuno e, adesso, sarà quasi impossibile riproporre quelle condizioni; le quattro vertenze con ex tesserati in scadenza a fine settimana, se non onorate, costeranno ulteriori punti di penalizzazione nel prossimo torneo; gli obblighi nei confronti dei giocatori dell’ultima annata, non ancora rispettati, potrebbero produrre ulteriori vertenze o, comunque, vanificare quel minimo di ossatura tecnica che era stata costruita e che avrebbe potuto rappresentare una valida base di partenza per la prossima stagione. Sentire parlare di ripescaggio in Seconda Divisione, di fronte a tutto ciò, è come ascoltare l’orchestrina intenta a suonare sul ponte, mentre il Titanic affonda. Si potrebbe aggiungere che, in fondo, è un copione già visto, con i vari Di Mascio e Santarelli. Stavolta, tuttavia, la posizione dei tifosi appare ben diversa dal passato. I club organizzati l’hanno detto a chiare lettere: aspettiamo sino a fine mese, poi muoia Sansone con tutti i Filistei. L’assedio a Martorano, insomma, finirà e lui rischierà di ritrovarsi con una scatola vuota in mano. Il che – è bene chiarirlo – non significherà un’emigrazione degli ultrà verso il Città di Messina, bensì un primo passo che, nostro malgrado, adesso appare sempre più inevitabile: staccare la spina, abbandonare al suo destino una società che sembra vittima di una maledizione. La fede verso simboli è colori, come ogni passione, ha un limite chiamato dignità. Più volte l’intero ambiente ha accettato di superarlo, convinto che tutto ciò sarebbe servito alla causa. Adesso ci si sta rendendo conto come, invece, tale atteggiamento si sia rivelato utile esclusivamente a prolungare l’agonia di un destino già da tempo segnato o a fare il gioco dello speculatore del momento. Anche perché, ammesso (e assolutamente non concesso) che si trovi il benefattore di turno, quali serie premesse potrebbe avere un progetto che parte da un sicuro handicap nel prossimo campionato, dalla necessità di un esborso economico ingente, proprio nel periodo in cui si deve costruire la squadra, dalla possibilità di ritrovarsi – subito o tra dodici mesi – un’altra società cittadina nella stessa serie? I sogni dei tifosi sono una cosa, i conti di chi vuole investire in un settore già di per sé anomalo qual è il calcio, un’altra.
normanno.com
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