Viste le vicissitudini societarie, i risultati sono l’unico appiglio per tenere accesa la fiammella della speranza.
Nel calcio, è assodato, determinati discorsi valgono fino a un certo punto. Poi, quando comincia a rotolare il pallone in campo, bisogna parlare di calcio. Perché, altrimenti, si perde l’essenza stessa di questo sport. In fondo, la speranza dei tifosi di arrivare comunque ai nastri di partenza del campionato era legata proprio a questo: vedere calcio, discutere di calcio, gioire e soffrire per un gol fatto o subito, per la posizione in classifica della squadra del cuore. Dato che la situazione non offre alcuno spunto per fare analisi di lungo periodo (tutto dipenderà dalle decisioni di Piero Santarelli di fronte ai debiti che sarebbero emersi dopo il cambio ai vertici della società), tanto vale allora concentrarsi sull’attuale. Vivere alla giornata, con l’unico obiettivo che può coinvolgere i tifosi: fare risultato per riaccendere la fiammella dell’entusiasmo e, allo stesso tempo, giustificare investimenti che con la Serie D – qualora fossero confermate le cifre circolate – non c’entrano nulla, anche in una piazza come Messina (almeno per ciò che sembra offrire attualmente in termini di seguito e visibilità). D’altronde, a quanto pare, Santarelli e il suo entourage stanno isolando giocatori e tecnico rispetto alle problematiche amministrative, permettendo loro di lavorare in condizioni di normalità. Magi in queste due settimane – bisogna dare atto – ha costruito, anche con i consigli di Beppe Accardi (amico di Santarelli) una rosa sulla carta competitiva, evitando di trasformare il Messina in un grand hotel: solo un calciatore, Perna, è arrivato e partito nel giro di poche ore. Per il resto, si è lavorato su un gruppo base, integrato in maniera mirata. Domenicali, sin da ora, ha addirittura la possibilità di ragionare su una formazione tipo. L’opera di rianimazione, quindi, non può che partire proprio da questo punto di forza: i giocatori per vincere ci sono, sta a loro scalare le posizioni della graduatoria per tornare a essere il Messina agli occhi dell’ambiente calcistico nazionale. Dopo tre anni di dilettantismo, infatti, il blasone ormai è sbiadito e al massimo serve solo per esaltare l’avversario di turno. Non incute più timore alcuno, né alimenta la passione dell’ambiente che, fatta eccezione per un piccolo gruppo di fedelissimi, si risveglierà soltanto dopo (almeno) un campionato di vertice. La società il suo, sotto questo profilo – ribadiamo – l’ha fatto. Attacco e centrocampo appaiono all’altezza della categoria. Nella maggior parte dei ruoli ci sono finanche più alternative di livello, Marzocchi si sta dimostrando un faro in grado di prendere in mano le redini del gioco, Granito si è presentato nel migliore dei modi e di Prandelli e Conti si dice un gran bene. Con Mortelliti, poi, questa parte del puzzle si completerebbe in modo ideale: dalla cintola in su, insomma, pur senza Di Napoli e Sarli, è un undici teoricamente più forte di quello che l’anno scorso ha affrontato il girone di ritorno. Qualche perplessità in più, almeno per ora, la suscitano invece la retroguardia (il reparto dei centrali è quantitativamente scarno e domenica mancherà lo squalificato Sorrentino) e, soprattutto, i ’92 in organico (almeno uno dovrà necessariamente giocare). Domenicali, per il momento, ha deciso di schierare il più giovane dietro le punte, ma i ragazzi a sua disposizione sembrano troppo leggeri per sostenere la linea a tre del 4-2-3-1. Magi, insomma, non ha ancora terminato gli straordinari. Già così, e nonostante l’assoluto ritardo nella partenza, in ogni caso, i mezzi per iniziare a vincere ci sono. Soprattutto se domenica si riuscirà a cancellare pure l’ignominia delle porte chiuse. E, allora, la parola al campo, perché adesso il destino dell’Acr passa in buona parte anche da lì.
Nel calcio, è assodato, determinati discorsi valgono fino a un certo punto. Poi, quando comincia a rotolare il pallone in campo, bisogna parlare di calcio. Perché, altrimenti, si perde l’essenza stessa di questo sport. In fondo, la speranza dei tifosi di arrivare comunque ai nastri di partenza del campionato era legata proprio a questo: vedere calcio, discutere di calcio, gioire e soffrire per un gol fatto o subito, per la posizione in classifica della squadra del cuore. Dato che la situazione non offre alcuno spunto per fare analisi di lungo periodo (tutto dipenderà dalle decisioni di Piero Santarelli di fronte ai debiti che sarebbero emersi dopo il cambio ai vertici della società), tanto vale allora concentrarsi sull’attuale. Vivere alla giornata, con l’unico obiettivo che può coinvolgere i tifosi: fare risultato per riaccendere la fiammella dell’entusiasmo e, allo stesso tempo, giustificare investimenti che con la Serie D – qualora fossero confermate le cifre circolate – non c’entrano nulla, anche in una piazza come Messina (almeno per ciò che sembra offrire attualmente in termini di seguito e visibilità). D’altronde, a quanto pare, Santarelli e il suo entourage stanno isolando giocatori e tecnico rispetto alle problematiche amministrative, permettendo loro di lavorare in condizioni di normalità. Magi in queste due settimane – bisogna dare atto – ha costruito, anche con i consigli di Beppe Accardi (amico di Santarelli) una rosa sulla carta competitiva, evitando di trasformare il Messina in un grand hotel: solo un calciatore, Perna, è arrivato e partito nel giro di poche ore. Per il resto, si è lavorato su un gruppo base, integrato in maniera mirata. Domenicali, sin da ora, ha addirittura la possibilità di ragionare su una formazione tipo. L’opera di rianimazione, quindi, non può che partire proprio da questo punto di forza: i giocatori per vincere ci sono, sta a loro scalare le posizioni della graduatoria per tornare a essere il Messina agli occhi dell’ambiente calcistico nazionale. Dopo tre anni di dilettantismo, infatti, il blasone ormai è sbiadito e al massimo serve solo per esaltare l’avversario di turno. Non incute più timore alcuno, né alimenta la passione dell’ambiente che, fatta eccezione per un piccolo gruppo di fedelissimi, si risveglierà soltanto dopo (almeno) un campionato di vertice. La società il suo, sotto questo profilo – ribadiamo – l’ha fatto. Attacco e centrocampo appaiono all’altezza della categoria. Nella maggior parte dei ruoli ci sono finanche più alternative di livello, Marzocchi si sta dimostrando un faro in grado di prendere in mano le redini del gioco, Granito si è presentato nel migliore dei modi e di Prandelli e Conti si dice un gran bene. Con Mortelliti, poi, questa parte del puzzle si completerebbe in modo ideale: dalla cintola in su, insomma, pur senza Di Napoli e Sarli, è un undici teoricamente più forte di quello che l’anno scorso ha affrontato il girone di ritorno. Qualche perplessità in più, almeno per ora, la suscitano invece la retroguardia (il reparto dei centrali è quantitativamente scarno e domenica mancherà lo squalificato Sorrentino) e, soprattutto, i ’92 in organico (almeno uno dovrà necessariamente giocare). Domenicali, per il momento, ha deciso di schierare il più giovane dietro le punte, ma i ragazzi a sua disposizione sembrano troppo leggeri per sostenere la linea a tre del 4-2-3-1. Magi, insomma, non ha ancora terminato gli straordinari. Già così, e nonostante l’assoluto ritardo nella partenza, in ogni caso, i mezzi per iniziare a vincere ci sono. Soprattutto se domenica si riuscirà a cancellare pure l’ignominia delle porte chiuse. E, allora, la parola al campo, perché adesso il destino dell’Acr passa in buona parte anche da lì.
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