Terminata la stagione sportiva in netto anticipo rispetto agli altri anni, ci attendono almeno due mesi in cui di calcio giocato si parlerà poco o nulla.
È finita: da qualunque prospettiva o fede la si guardi, l’annata del calcio messinese quest’anno va in archivio addirittura con due mesi d’anticipo rispetto alla scadenza ufficiale della stagione (30 giugno). L’unico precedente che ci torna in mente, di natura ben diversa, è quello del 1999/2000, quando in una sera di Pasqua, al “Celeste”, un gol di Milana al Gela sancì la festa promozione in Serie C1, suggellando un traguardo già raggiunto una settimana prima (il 14 aprile) ad Acireale. All’epoca, però, l’entusiasmo per i nuovi orizzonti che attendevano il Messina di Emanuele Aliotta, la voglia di sfruttare le ultime giornate del calendario per detronizzare i record non ancora battuti in quello stratosferico torneo, i dubbi sul futuro dell’allenatore del tempo, Stefano Cuoghi, bastavano e avanzavano per riempire i pensieri dei tifosi fino al successivo calciomercato estivo. Oggi, questo enorme lasso di tempo si preannuncia drammaticamente vuoto. Il solo tema che potrebbe cambiare le carte in tavola è costituito dalle penalizzazioni legate alle vertenze con gli ex tesserati del Messina, ma a questo punto sembra scontato - visti i tempi tecnici - che se ne riparlerà l’anno venturo: a meno di colpi di scena, i biancoscudati non disputeranno i playout (un rimedio che sarebbe decisamente peggiore del male…). Ci resta da fare i conti, quindi, con due mesi senza pallone e con il sostanziale rischio che l’oblio spenga quei residui di passione grazie ai quali, fin qui, è stata tenuta accesa la speranza del calcio peloritano. Anche perché, gli unici argomenti destinati a riempire le chiacchiere da bar o da forum, sono già stati abbondantemente anticipati. La richiesta dei tifosi a Martorano di passare la mano, l’intenzione dei proprietari del Messina di aprire a nuovi soci, le mai sopite aspirazioni del gruppo Città di Messina indirizzate all’acquisizione della stessa Acr, l’enigmatico atteggiamento di un personaggio come Immacolato Bonina, il quale non ha mai rinnegato l’idea di investire sul calcio peloritano, le voci su istanze di fallimento dei creditori del Messina, l’ombra lunga di soggetti da dimenticare in fretta e non ancora del tutto usciti di scena. E, ancora, il tormentone (probabilmente inutile) del ripescaggio. Tanta carne al fuoco, funzionale esclusivamente per fare aumentare il fumo del pettegolezzo, piuttosto che la sostanza delle notizie. E il pallone, intanto, si sgonfierà ulteriormente. Quel residuo interesse sul fenomeno scemerà, all’interno di un meccanismo perverso in cui, parallelamente, risulterà sempre più rischioso spendere soldi per il calcio messinese. La ricostruzione, insomma, sarà ancora più lunga e ardua. A meno che non si voglia credere a favolette come quella propinata ad Arturo Di Mascio, convinto che l’ingaggio di Arturo Di Napoli avrebbe permesso di vendere 5mila abbonamenti! Più o meno quelli, cioè, acquistati nell’anno in cui il Messina, guidato proprio da Di Napoli, ottenne la promozione in A. Mai come questa volta, dunque, la fretta non sarà cattiva consigliera, anzi potrebbe essere l’unica via d’uscita per non vivere l’ennesima stagione di dolori. Altro che ripescaggio (nei playoff, tra l’altro, ci saranno realtà importanti quali Casertana, Turris, ma pure Venezia e Rimini). La prossima D potrebbe vederci nuovamente insieme al blocco delle campane (che quest’anno sono riuscite a monopolizzare la scena), a una piazza come Catanzaro, a realtà in cui il calcio che conta non è sconosciuto (Licata e Acireale). C’è da rimboccarsi le maniche in fretta, per affidare un progetto non a persone che di pallone se ne intendono, ma soprattutto - qualunque sia il loro nome - che nel pallone lavorano a tempo pieno da una vita. Ogni giorno che passa parlando di debiti e cordate è una stilla di veleno in più per la passione giallorossa.
normanno.com
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