Nonostante alla vigilia della gara con la Nissa si parlasse ancora di chance promozione, bisogna al più presto conquistare la salvezza. Poi un progetto vincente, che parta da presupposti diversi e passi da altri uomini.Per esaminare l’attuale situazione in casa Acr, è utile partire dalle parole di Cosimo Sarli negli spogliatoi del “Marco Tomaselli” di Caltanissetta: "Ora è dura – ha detto quello che doveva essere il colpo del mercato invernale – mai noi dobbiamo metterci comunque professionalità e grinta, per la nostra dignità”. Fa piacere, innanzitutto, che qualcuno si ricordi di utilizzare la parola dignità, piuttosto che cercare l’alibi di turno. Questa volta il cuoco non c’entra, così come l’addetto stampa, il terreno di gioco, la terna arbitrale o, magari, il magazziniere che ha consegnato alla squadra delle mutande troppo strette. Ci sono arrivati anche i protagonisti di questo disastro calcistico: ormai è una questione di dignità. Peccato, però, che la frase di Sarli contenga un’inesattezza: in cima a tutto non c’è la dignità dei giocatori, bensì quella di un’intera città. Per quel che concerne lo spessore degli atleti, parlano i risultati e la classifica. Guardandola, anche il cauto Avallone si è lasciato scappare: “Dobbiamo guardarci alle spalle”. Alla faccia di chi, ancora alla vigilia della gara con la Nissa di Gaetano Di Maria, parlava di possibilità d’aggancio al primo posto. O di coloro i quali temono un prosieguo di campionato senza senso: magari fosse così, in realtà c’è da conquistare la salvezza e da prendere definitivamente atto di almeno due grandi verità che questi tre quarti di stagione ci hanno consegnato. Innanzitutto, un progetto vincente non può passare da questi uomini. Ci avevamo sperato, lo avevamo prefigurato e – ad onor del vero – per un po’ pure creduto. La favoletta del primo posto ci era sembrata eccessiva, tuttavia va detto che la scommessa lanciata a dicembre dalla società non era impossibile. Ci voleva comunque, lo sapevamo tutti, un filotto (basti guardare dove è arrivato il Modica con sei vittorie consecutive). Per raggiungerlo, però, non bastano le bandiere o le promesse. Né, tantomeno, le scusanti. Anche perché alcuni confronti sono impietosi: guardate, ad esempio, alla situazione (logistica ed economica) del Gallipoli in Serie B, denunciata recentemente dai tesserati, e poi lanciate uno sguardo ai risultati che una squadra imbottita di esordienti – e che, guarda caso, come il Messina ha saltato la preparazione estiva – è riuscita a raggranellare in un torneo assolutamente ostico… L’organizzazione serve, ma grinta e voglia contano molto di più, in qualsiasi categoria. È apprezzabile – per usare le parole di Infantino – cercare la vittoria, ma nel calcio i tre punti vanno anche trovati: sul campo e non davanti ai microfoni. In secondo luogo, la proprietà ha confermato che la propria competenza calcistica è pari a quella di un tifoso (ma questi dirigenti abbiamo e questi, abbiamo appurato, dobbiamo tenerci). Le squadre vincenti, però, le costruiscono i professionisti e non i parlatori da bar dello sport. Le fanno quelli che non hanno bisogno di consultare almanacchi o di guardare statistiche, ma che conoscono prima di tutto le doti umane degli uomini che chiamano per dare una mano alla causa. I Pippetto Romano e gli Obbedio avevano, probabilmente, piedi meno delicati di diversi calciatori attualmente in rosa, ma un cuore da nazionale completamente votato alla causa giallorossa. Così, nell’attesa di preannunciati confronti e conferenze stampa chiarificatrici, c’è ora un solo imperativo: conquistare punti (con continuità e umiltà, non soltanto mettendo sotto le ultime della graduatoria) e, poi, lasciare spazio a un progetto vero. Le parole se le porta via il vento, a portare via i sogni ci pensano, invece, giocatori senz’anima incorniciati in un contesto di incompetenza gestionale.
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